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L’intervista di Ferruccio Gianola a Giampaolo Galli

Along the River: una favola nera che riflette i mali del nostro tempo
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“Along the river” il cortometraggio
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Se voglio procedere lungo il fiume, non posso camminare in mezzo al suo letto, ma devo scegliere su che sponda stare. Non puoi essere pecora e lupo al tempo stesso, non funziona; o sei una cosa o sei l'altra.

Tratto da: Along the river

 
Q ui in seguito riportiamo l'intervista realizzata da Ferruccio Gianola a Giampaolo Galli e pubblicato sul sito ferrucciogianola.com.

 

Benvenuto Giampaolo, subito una domanda bella tosta, anche se può sembrare frivola: come ci si sente quanto un personaggio famoso e attore di culto come Franco Nero diventa il protagonista di un tuo racconto?.

All'inizio stenti a crederci, è naturale. La domanda che ti fai è : possibile che sia capitato proprio a me ? Questa avventura è nata per caso, senza alcuna ambizione particolare, se non quella di esercitare la propria creatività. Il percorso nella realizzazione del cortometraggio è stato lungo e difficile, e più di una volta ho pensato che l'intero progetto sarebbe naufragato nel mare delle buone intenzioni, soprattutto per la ristrettezza del budget. E invece ne è uscito un buon prodotto che ha raccolto diversi consensi e riconoscimenti internazionali, andando ben aldilà delle aspettative.

Torniamo al romanzo: come è nato Along the river (La frontiera spezzata)?

L'idea di riprendere in mano il racconto originario – che era di sole venti pagine – e di ampliarlo come romanzo, è nata proprio sul set. Quando vidi Franco Nero e gli altri attori recitare le parole che io stesso avevo messo in bocca ai miei personaggi, realizzai di aver scritto qualcosa di valido, e decisi di rimettermi a lavorare per ampliare la trama e creare una storia molto più strutturata.

Il romanzo ha le caratteristiche di una storia crepuscolare… c’è un autore che ti ha ispirato?

Sono sempre stato un appassionato di narrativa americana, e fra i vari scrittori classici potrei citare John Steinbeck, Jack London, Elmore Leonard, ma l'autore al quale mi sento maggiormente legato da diversi anni è sicuramente Cormac mc Carthy, da molti considerato il più grande scrittore americano vivente. Credo che le note crepuscolari di Along the River siano in parte riconducibili alle ambientazioni dei suoi romanzi, calate in un west ormai agli sgoccioli, disincantato, duro e malinconico, ben lontano dagli stereotipi della tradizione.


 

Sceriffi, avvocati, Navajo… personaggi che non passano mai di moda, che cosa pensi di averci messo di tuo e di nuovo?

All'interno dell'iconografia classica del western, credo di aver introdotto tematiche attuali e spesso trascurate nella narrativa di genere, come lo sfruttamento ambientale, il rapporto padre-figlio e la corruzione. I grandi paesaggi dell'ovest americano fanno da sfondo a vicende e situazioni che in parte ritroviamo nella cronaca di tutti i giorni, e il west stesso diventa il pretesto per poter raccontare qualcosa che ci riguarda da molto vicino.

Tu hai viaggiato e viaggi molto, immagino sia stato sui luoghi dove hai ambientato il romanzo.

Sì, e questo mi ha aiutato molto nella stesura del racconto, soprattutto per la parte descrittiva. Oltre alla scrittura amo anche dipingere e fotografare, e ho sempre pensato che scrivere sia un po' dipingere con le parole. L'ultimo viaggio nei luoghi descritti risale ad 8 anni fa. Ritornare in quelle regioni desertiche con la penna e i ricordi, è stato come tornare a viaggiare una seconda volta, forse ancora più intensamente.

Hai aneddoti, aspetti curiosi dietro la scrittura di questo libro?

Più che aneddoti, conservo lo struggente ricordo di mio padre che per primo lesse il manoscritto non appena lo ebbi terminato. Glielo portai l'estate scorsa mentre era al mare, e lo leggeva ogni giorno sotto l'albero. Ora mio padre non c'è più e non ha fatto in tempo a vederlo pubblicato. L'ho dedicato a lui.

Hai già incontrato Franco Nero?

L'ho incontrato durante le riprese del cortometraggio, nel settembre del 2015. Erano giornate molto calde e l'intera troupe aveva lavorato duro per un'intera settimana in un piccolo villaggio di montagna alle pendici delle alpi Cozie, trasformato in set cinematografico. Rimasi impressionato dalla grande professionalità di Franco che insegnò molto a tutti noi. I suoi primi piani, intensi ed evocativi sono la colonna portante dell'opera, ed è merito del regista, Daniele Nicolosi, aver saputo valorizzare al meglio questa sua grande presenza scenica. 


 

Tu sei nipote della poetessa Lina: come si è riempito il tuo bagaglio culturale, quali sono in poche parole i tuoi modelli come scrittore?

Mia zia Lina Galli, è stata una delle figure più importanti del panorama letterario triestino, assieme ad Umberto Saba ed Italo Svevo, con i quali aveva strettissimi rapporti. Nonostante ciò, non mi considero un “figlio d'arte” per svariati motivi. I nostri modi di scrivere sono totalmente diversi, per non parlare dei temi affrontati. E' un po' come accostare la pittura impressionista alla fotografia, o alla computer grafica. La vera artista in famiglia rimane sempre lei, ma mi piace pensare che qualche goccia della sua linfa creativa sia arrivata fino a me. Siamo entrambi istriani, e abbiamo vissuto – direttamente o meno – il dramma di un esodo e le conseguenze di una guerra devastante che qui, all'estremo confine orientale, ha travolto popoli e il concetto stesso di civiltà. Siamo gente di frontiera, una frontiera spezzata.

Non ti chiedo altro. Ti ringrazio e ti lascio alla mia domanda telepatica, un must delle mie interviste. Vedi tu cosa rispondere!

Concludo con una frase tratta da Along the River:

Se voglio procedere lungo il fiume, non posso camminare in mezzo al suo letto, ma devo scegliere su che sponda stare. Non puoi essere pecora e lupo al tempo stesso, non funziona; o sei una cosa o sei l'altra.

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